ESSERE SUPERMARIO
Solo chi non si inende di calcio poteva avere dubbi sulla forza e sull'utilità in una squadra di un giocatore come Mario Mandzukic.
SuperMario l'ho incrociato la prima volta in una semifinale Champions a Barcellona nel 2013: il Bayern aveva già vinto 4 a 0 a Monaco e avrebbe poi vinto proprio al Camp Nou per 3 a zero, prima e ad oggi unica squadra ad andare in finale con uno scarto di 7 gol nelle due partite di semifinale.
Era il Bayern poco spettacolare e molto concreto di Heynckes, la squadra che dopo qualche settimana avrebbe vinto la Champions e l'intero triplete tedesco e che sarebbe passata sotto la guida di Pep Guardiola la stagione successiva. Difesa bloccata intorno Neuer; linea a quattro in difesa Lahm-Boateng-VanBuyten-Alaba; Javi Martinez e Schweinsteiger un poco più a vanti a fare da diga; Robben largo a destra, Müller al centro e Ribery largo a sinistra; Mario Mandzukic solo contro tutti - giocatori, pubblico, arbitro - là davanti. SuperMario con il N.9 titolare in campo e il centravanti della nazionale tedesca Mario Gomez in panchina.
Come Indiana Jones a scoprire passaggi inesplorati in un foresta; come un soldato paracadutato oltre le linee nemiche; come il generale Custer a Little Bighorn; come Luke Skywalker e la sua spada laser a combattere solo nella base dell'impero, così SuperMario fa a sportellate con tutti, spizza di testa decine di palloni, scivola lungo sull'erba per intercettare i rilanci dei giocatori, rincorre ogn avversario che si invola dalla difesa opposta verso la porta del Bayern.
E metre lui fa il lavoro sporco, Robben, Muller e Ribery entrano veloci, sorridenti ed efficaci nella difesa spagnola e segnano, segnano segnano, increduli di tanta prateria: Robben al 3', aut. Piqué al 27', Müller al 31' s.t.
Una squadra di 11 Mario Mandzukic forse sarebbe inguardabile, ma un solo Mario Mandzukic per Dybala e i suoi fratelli è una gran cosa.
Essere SuperMario può essere uno stile: l'oggettiva consapevolezza dei propri limiti e per questo delle proprie capacità invece da valorizzare; uno spirito di servizio verso la squadra; la caparbietà di prendersi ogni tanto e meritarsi gol importanti.
Ho ritrovato Mario Mandzukic quest'anno alla Juve e non è cambiato: se c'è un "cattivo" da rincorrere per poi ripartire all'attacco, quello è un lavoro per SuperMario.